Dibattito sul disegno di legge di revisione costituzionale presentato dal Governo

ORDINE DEL GIORNO N. 246

“Dibattito sul disegno di legge di revisione costituzionale presentato dal Governo recante ‘Disposizioni per il superamento del Bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei Parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle Istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Parte Seconda della Costituzione’”

Il Consiglio Regionale della Lombardia

TENUTO CONTO CHE:

le grandi trasformazioni che hanno segnato l’avvento della globalizzazione hanno indotto una forte accelerazione nel processo d’integrazione europea, con la sempre più stringente esigenza di adeguare l’ordinamento nazionale alla evoluzione della “governance” dell’Unione e con le nuove prescrizioni sulle regole di bilancio.

Nel mutato contesto competitivo e nel nuovo assetto della “governance” europea, il titubante percorso di attuazione della riforma della parte seconda della Costituzione, teso a dare un nuovo ruolo al sistema delle autonomie, con particolare riferimento a quella finanziaria, necessita di una profonda manutenzione.

In questa prospettiva il progetto di revisione dell’architettura costituzionale deve essere teso a rafforzare l’efficienza dei processi decisionali di attuazione delle politiche pubbliche nelle quali si sostanziano l’indirizzo politico e l’agenda del Governo e contestualmente promuovere un sistema informato all’articolo 5 della Carta costituzionale : “ La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomie e del decentramento”.

Il nuovo regionalismo deve essere improntato proprio alla ricerca di un rinnovato equilibrio tra l’unità della Repubblica e l’esigenza di salvaguardare e promuovere le sfere di autonomia delle regioni e degli enti locali nel nuovo contesto della “governance” europea. La semplificazione dei livelli istituzionali permetterà una migliore allocazione delle rispettive funzioni e l’ottimizzazione delle politiche pubbliche; in questa ottica sarà necessario ridefinire in modo coerente l’organizzazione delle amministrazioni per migliorare i processi decisionali e ridurre i costi.

Il superamento del bicameralismo paritario e l’istituzione di un “Senato delle regioni e delle autonomie”, rappresentativo delle istituzioni territoriali, differenziato per composizione e funzioni, fuori dal circuito della fiducia con il Governo, quale sede di raccordo tra le regioni e gli enti territoriali – la cui assenza nella precedente riforma del Titolo V ha impedito la realizzazione di un efficiente sistema di governo multilivello – si muove nella direzione auspicata.

Un nuovo Senato in grado di concorrere alla formazione del processo legislativo e di bilanciare gli interessi nazionali, regionali e locali garantirà in maniera più efficace una ordinata cooperazione normativa tra lo Stato e le Regioni, ridurrà il contenzioso davanti alla Corte Costituzionale, renderà più fluida ed adeguata la produzione normativa statale e regionale.

Ribadita la condivisione della proposta del Governo su:

il superamento del bicameralismo paritario;

l’ elezione di secondo grado del Senato delle Regioni e delle Autonomie;

l’uscita della seconda camera dal circuito della fiducia e della responsabilità del bilancio dello Stato;

l’azzeramento del costo dei componenti della seconda camera;

Il Consiglio Regionale invita il proprio Presidente a sottoporre al Parlamento le riflessioni di seguito esposte come contributo per una riforma costituzionale capace di coniugare un vero sistema democratico multilivello con un più efficace circuito decisionale nazionale, un rinnovato regionalismo e un più efficiente autonomismo:

Composizione del Senato delle Regioni e delle Autonomie

Rispetto all’ipotesi formulata dal Governo per la composizione di secondo livello del nuovo Senato si ritiene opportuno:

Garantire la partecipazione di diritto dei Presidenti di regione e dei Sindaci metropolitani eletti direttamente;

Mantenere il voto limitato per l’elezione dei componenti, in modo da garantire la partecipazione delle minoranze;

Parametrare la ripartizione dei seggi al peso della popolazione di ciascuna regione, garantendo a tutte le regioni una componente di eletti;

Eliminare l’integrazione del Senato con i membri nominati (il Senato delle Regioni e delle Autonomie per la nuova funzione assegnata dalla riforma di rappresentanza diretta delle autonomie territoriali, e quindi espressione seppur mediata di specifici territori, mal si concilia con soggetti nominati per alti meriti);

Valutare se l’attribuzione del seggio di diritto ai sindaci dei Comuni capoluogo di regione non crei una disparità di rappresentazione con gli altri sindaci del territorio;

Valutare l’opportunità che ogni delegazione regionale voti unitariamente sui provvedimenti.

Funzioni del Senato delle Regioni e delle Autonomie

Il nuovo Senato, secondo la proposta del Governo, è dotato di caratteri propri e concorre alla funzione legislativa, approvando insieme alla Camera dei Deputati le leggi costituzionali e deliberando, negli altri casi, proposte di modificazione che, per essere superate, necessitano di procedure rafforzate da parte della Camera dei Deputati; esercita l’essenziale funzione di raccordo tra lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni; a ciò si aggiungono ulteriori rilevanti funzioni in materia di attuazione e formazione degli atti normativi dell’Unione europea, di verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato e di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche sul territorio.

In particolare si ritiene auspicabile assegnare al nuovo Senato la competenza bicamerale sulle leggi inerenti a:

ordinamento degli organi di governo, legislazione elettorale e funzioni fondamentali dei comuni, comprese le loro forme associative, e delle città metropolitane; ordinamento degli enti di area vasta; attuazione dell’articolo 122 della Costituzione;

norme generali del governo del territorio;

coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; definizione degli indicatori di costo per funzioni e perequazione delle risorse finanziarie;

norme generali sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

Inoltre, sempre con legge bicamerale e con l’eventuale procedura di conciliazione, il Senato dovrebbe essere chiamato ad intervenire sulla:

clausola di supremazia: “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale”.

Il nuovo 117 (Ridisegno delle competenze tra Stato, Regioni e Comuni)

La riforma costituzionale del 2001 fu improntata al tentativo di dare attuazione piena all’articolo 5 della Carta Costituzionale; a quasi tre lustri dalla sua promulgazione, per le lentezze e per le lacune con cui è stata concretizzata e sotto la spinta di poderosi processi di cambiamento sia internazionali, sia economici e sociali, si rende ormai necessaria una profonda manutenzione.

Il nuovo disegno proposto dal Governo con l’eliminazione delle competenze concorrenti e con il conseguente richiamo alla competenza esclusiva dello Stato sulle materie e funzioni:

Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;

Norme generali sul procedimento amministrativo e disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni;

Norme generali per la tutela della salute, la sicurezza alimentare, la tutela e la sicurezza del lavoro;

Ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;

Previdenza complementare integrativa;

Commercio con l’estero;

Norme generali sulle attività culturali, sul turismo e sull’ordinamento sportivo;

Ordinamento delle professioni intellettuali e della comunicazione;

Norme generali sul governo del territorio;

Produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia;

Infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale.

Introdurre, a proposito dell’individuazione delle materie e delle funzioni esclusive dello Stato, il concetto di “norma generale” rischia di riproporre i profili conflittuali tra norma generale e norma di dettaglio che hanno caratterizzato l’attuale vicenda delle norme concorrenti.

Per questo motivo va valutata l’opportunità di assegnare alla legislazione bicamerale alcune materie come: finanza pubblica, procedimento amministrativo, ordinamento scolastico, norme generali sul governo del territorio, come specificato sopra e dettagliare la normativa di competenza regionale in modo da evitare una proliferazione normativa regionale sulle “materie innominate”.

Specialità e normalità nel nuovo Regionalismo

Nel tempo dell’economia globale, della velocizzazione degli scambi e delle esperienze, il concetto di “glocal” diventa sempre più attuale e può portare ad un malinteso rivendicazionismo localistico. Le potenzialità territoriali sono un valore aggiunto e vanno sviluppate. In questo senso si muoveva la riforma del 2001 con l’introduzione del terzo comma dell’articolo 116: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie del secondo comma del medesimo articolo alle lettere l) limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) ed s) possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.”

Questa norma voleva indicare la prospettiva dell’attuale praticabilità del riconoscimento delle particolari condizioni anche alle Regioni a statuto ordinario, cioè il nuovo modo di attuare la specialità.

Le specialità di posizione geografica registrate nell’immediato dopoguerra (fatte salve quelle garantite da trattati internazionali) devono essere progressivamente assorbite in favore della promozione delle specialità funzionali. Occorre garantire che le Regioni che sviluppano capacità gestionali ed autosufficienza amministrativa-finanziaria possano ampliare il perimetro delle proprie competenze nel quadro delle compatibilità nazionali ed europee. La prospettiva enunciata nel terzo comma dell’articolo 116 non ha visto concretizzazione per la mancanza di norme attuative del dispositivo costituzionale e per il ristretto perimetro delle competenze attribuibili.

Su questo versante si tratta oggi di migliorare il dispositivo proposto dal Governo per novellare l‘articolo 117, con il quale si possono delegare alle Regioni per un tempo limitato ulteriori funzioni. Una sua riscrittura dovrebbe prevedere un ampliamento del perimetro delle funzioni che possono essere delegate o “attribuite” a quelle regioni che lo richiedono e che rispettano i parametri imposti dal patto di stabilità, e che sono capaci di avere costi di amministrazione ed erogazione di servizi all’interno dei costi standard definiti; nel contempo andrebbe prevista una tempistica determinata entro la quale il Governo sia tenuto a dare risposta motivata alla richiesta regionale di delega o attribuzione di funzioni.

Milano, 16 aprile 2014

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