Nella seduta di martedì 8 marzo il Consiglio ha approvato la legge regionale sulla “Revisione della normativa regionale in materia di difesa del suolo, di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico e di gestione dei corsi d’acqua” (legge regionale n. 4 del 15 marzo 2016).
Si tratta di una norma sicuramente innovativa, per quanto riguarda Regione Lombardia, in quanto supera un periodo di una lunga inerzia.
Giunta in aula dopo un serio lavoro nelle Commissioni competenti, risulta però, per come è stata strutturata, carente e poco coraggiosa, e non rappresenta una vera legge quadro, pagandone pesantemente lo scotto, con il risultato di delegare tutta la sua attuazione alla Giunta.
Ecco perché il gruppo regionale del Pd ha votato contro la sua approvazione.
Non c’è contraddizione tra il lavoro svolto cui abbiamo partecipato anche noi, il fatto che consideriamo alcune norme di questo progetto di legge positive e il nostro voto contrario.
Tre aspetti negativi ci hanno spinto a non approvare il testo così come presentato.
Il primo riguarda appunto l’eccesso di delega contenuto in questa legge, che determina un indebolimento nei rapporti tra Consiglio e Giunta, tra legislativo ed esecutivo.
E’ pur vero che i regolamenti demandati alla Giunta dovranno avere il parere delle Commissioni consiliari ma si tratta comunque di una scelta di delega che non ci può trovare d’accordo, soprattutto in una materia delicatissima come la gestione del suolo lombardo.
Più tecnica la seconda ragione. Se da una parte viene finalmente introdotto il principio dell’invarianza idraulica (ossia, in una determinata area la portata al colmo di piena deve essere costante prima e dopo la trasformazione dell’uso del suolo), dall’altra manca una strettissima e necessaria correlazione con il tema del consumo di suolo che invece era estremamente necessaria.
La legge regionale 31, infatti, ha dimostrato come la Regione Lombardia, purtroppo, vada nella direzione contraria rispetto alla difesa del suolo!
Infine c’è una questione finanziaria che è stata sottolineata persino dai banchi della maggioranza, dove qualcuno ha detto che “il provvedimento non ha benzina sufficiente per essere alimentato”. Le risorse dedicate, a parte quelle già previste in bilancio, sono meno di 400mila euro in tre anni e appaiono davvero esigue, rispetto alla grande esigenza del territorio lombardo. Non ce ne sono per i Comuni, né per i contratti di fiume, né per i cosiddetti progetti strategici di sottobacino. Insomma, ancora una volta si ripropone il modello delle “nozze con i fichi secchi” che desta parecchie perplessità sulla reale volontà di risolvere una problematica di questo tipo.